Mentre la nostra ragione si sente spinta alla chiarezza e alla precisione, lo spirito è spesso attratto dal vago.
Karl von Clausewitz, Della guerra
In una lista di elementi che non devono mancare in un’opera d’arte, Mark Rothko, il sublime principe infelice dell’astrattismo americano, inserisce la tensione, “ossia conflitti o desideri che nell’arte sono dominati nel momento stesso in cui si manifestano”. Una definizione perfetta per quell’attimo di assoluta pacificazione degli opposti che si prova a lavoro compiuto, la sensazione, in fondo, di aver ricavato dal groviglio dei contrasti ciò che nell’ arte è la forma e nella vita il senso.
Parlando della questione giuridica l’avvocato Enrico Barbaresco descrive la stessa come un “conflitto che si cerca di comporre”, utilizzando quindi, seppur in un ambito completamente diverso, quel linguaggio artistico in cui tutto è composizione. Se il conflitto di cui si occupa la legislazione è esplicito e descrivibile col rigore della parola giuridica, quello rappresentato dall’arte non è di natura così evidente, anzi, in particolare in epoca contemporanea, si nutre di sostanze nascoste e con una sua seduttiva vaghezza si esprime.
Di immagini indeterminate e suggestive si vestono dal 2015 le pareti dello studio legale di Pordenone che dà spazio alle opere di affermati artisti del Nordest con cui, grazie al fortunato incontro con la critica d’arte Alessandra Santin, il dott. Barbaresco è entrato in contatto. Nove mostre in meno di tre anni che parlano di una passione coltivata con metodo per unire la vita activa a quella contemplativa, ovvero: alzare gli occhi dalle pratiche e dai faldoni per respirare sulle terre di Dirindin o illuminarsi dei gialli di Calabrò.
“Il Diritto è Vita” mi dice l’avvocato sullo sfondo della sua ultima conquista, una serie di infuocati quadri di Bruno Vallan che hanno trasformato la stanza in cui si accolgono i clienti in un vero e proprio salotto rosso di grande raffinatezza. “Le norme esprimono situazioni reali, descrivono momenti di vita. Questo lavoro unisce l’applicazione rigorosa della legge alla ricerca di una soluzione inaspettata per risolvere il singolo caso. Ogni contratto è fatto su misura, è un’opera sartoriale”. Tagli sicuri, cuciture precise, un’idea di design: la forma finale.
È chiaro che qui non si espone l’arte per vezzo decorativo ma per un’evidente affinità con la sensibilità artistica in generale e con quella poi più specifica di chi viene di volta in volta ospitato. “Durante una mostra nello studio mi sento così in simbiosi con le opere che per me in quel momento non ne esistono quasi altre e cerco sempre di prolungare l’esposizione per centellinare il dolore del distacco.” Una frase che farebbe presagire il futuro collezionista se solo non ci fosse quel particolare, romantico piacere nella mancanza.
Margherita Agostini